Tecnica: l'evoluzione degli impianti frenanti

Un processo graduale ma che ha avuto salti epocali: il principale è stato il passaggio dai tamburi ai dischi

Tecnica: l'evoluzione degli impianti frenanti

Massimo ClarkeMassimo Clarke

19 apr 2022

Alluminio


Poi la pinza è stata riprogettata e la Casa è passata all’alluminio, come le altre. Nella prima metà degli anni Ottanta lo schema a quattro pistoni opposti si è affermato universalmente. Le pastiglie devono rimanere perfettamente parallele alla fascia frenante in qualunque condizione di funzionamento. Uno scostamento da questa situazione ottimale causa usura anomala del materiale d’attrito delle pastiglie e un notevole peggioramento della frenata. Quando gli attacchi alla forcella sono di tipo tradizionale il corpo della pinza è dotato di due appendici con fori assiali per le viti di fissaggio. La mezzeria della pinza però non giace sullo stesso piano degli attacchi. Di conseguenza si crea una coppia quando, durante la frenata, il disco tende a trascinare le pastiglie (e con esse la pinza).

Questa sollecitazione a torsione può portare le pastiglie fuori allineamento rispetto al disco. Molto meglio un sistema di fissaggio alla forcella più rigido.

Per questo sono state sviluppate dalla Brembo le pinze con attacco radiale, subito adottate da tutti i costruttori delle moto della classe regina. Un altro notevole passo avanti in questo settore, sempre dovuto all’azienda bergamasca, si è avuto con le pinze monoblocco (e non più costituite da due parti unite mediante viti), oggi impiegate da tutte le MotoGP. La rigidezza è migliore e si ha anche un lieve vantaggio di peso rispetto alla soluzione convenzionale. Di recente per migliorare lo smaltimento del calore le pinze da competizione sono state dotate di piccole alette che aumentano la superficie di scambio termico con l’aria.

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