Tutta la verità sul "caso" Bimota

Dalle difficoltà economiche, al cambio di sede. Cosa potrebbe accadere a un'azienda che ha "allevato" designer e tecnici di fama internazionale.

Tutta la verità sul "caso" Bimota

Riccardo PiergentiliRiccardo Piergentili

12 set 2017 (Aggiornato alle 17:22)

CORREVA l’anno 2013 quando Marco Chiancianesi e Daniele Longoni, titolari di una società immobiliare svizzera, presero in mano le redini della Bimota, fino a quel momento comandata da Roberto Comini. All’epoca si parlò di vendita, in realtà l’accordo tra gli imprenditori prevedeva una sorta di affitto del marchio e del capannone, abbandonato di recente per passare in una nuova sede operativa, che si trova a poche centinaia di metri dalla storica struttura di via Lea Giaccaglia, a Rimini. Nell’attuale situazione questo non è un dettaglio. Cerchiamo di spiegare perché.

NELL'ERA Chiancianesi/Longoni l’attività industriale della Bimota non è decollata ed oggi l’azienda è indebitata e per questo ingessata. Per ripartire, pagando dipendenti e fornitori, serve un’iniezione di liquidità (si parla di circa cinque milioni di euro) ma trovarli non sarà semplice, perché nonostante Bimota sia un brand conosciuto in tutto il mondo, sia per merito delle moto di serie, sia per quanto fatto nelle competizioni, non sembrano esserci le basi per una crescita. Non si può certo dire che i progetti presentati fino a oggi non abbiano contenuti tecnici, anzi, però alla Bimota è mancata la capacità di comunicare e di vendere ciò che, con passione e competenza, nasceva a Rimini.

CON Comini al comando, pur essendoci state delle scommesse tecniche molto, forse troppo rischiose, il team composto da Piero Canale (direttore commerciale), Enrico Borghesan (direttore del design e Andrea Acquaviva (direttore tecnico) aveva garantito dei buoni risultati tecnici e commerciali, anche fuori dall’Europa, dove la cura dei dettagli e la qualità dei materiali utilizzati per costruire le Bimota è sempre stata apprezzata. In cantiere c’erano anche progetti interessanti, mai avviati o sviluppati in parte. La sostanza è che oggi la Bimota è ferma, in cerca di un investitore e se nessuno si prenderà il rischio di immettere liquidità nell’azienda riminese, la società potrebbe tornare nelle mani di Comini, che come spiegato all’inizio ha affittato, non venduto, il marchio e lo stabilimento.

SUL numero 37 di Motosprint, in edicola da oggi, troverete altri dettagli del "caso" Bimota e una breve storia dell'azienda, che è stata la palestra di tecnici e designer di altissimo livello, tra cui, Massimo Tamburini, uno dei tre soci fondatori.

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