Officina: alla scoperta delle differenze nella lubrificazione

Varia a seconda delle condizioni nelle quali lavorano i vari organi meccanici

Officina: alla scoperta delle differenze nella lubrificazione

Massimo ClarkeMassimo Clarke

24 ago 2022

Additivi EP


Con pressioni localizzate elevatissime abbiamo a che fare anche nel contatto tra camma e cedente e in quello tra i corpi volventi e le piste dei cuscinetti a rotolamento (e anche lì infatti si instaura un regime di lubrificazione elastoidrodinamico). Gli additivi EP, per Estreme Pressioni, sono nati per gli oli destinati a lubrificare gli ingranaggi.

Questi additivi funzionano reagendo chimicamente con le superfici metalliche quando, nelle ristrette zone di contatto, vengono superate determinati valori (molto elevati) di pressione e di temperatura.

Si forma allora localmente uno strato protettivo sacrificale. Gli additivi EP possono quindi essere considerati “di sicurezza”.

Per quanto riguarda il motore, nel funzionamento normale in genere sono sufficienti gli antiusura, che non coinvolgono chimicamente le superfici metalliche ma formano su di esse un tenace strato protettivo grazie a reazioni che hanno luogo al loro stesso interno in presenza di pressioni e temperature localmente alte ma non come quelle che fanno “entrare in azione” gli EP.

Pressioni molto elevate e/o velocità relative molto basse impediscono l’instaurarsi di un regime di lubrificazione idrodinamico. In tali situazioni hanno una grande importanza le caratteristiche tribologiche dell’olio ovvero la sua lubricity (“scivolosità”, potere untuosante), che diventa addirittura vitale in presenza di lubrificazione limite.

Alcuni componenti lavorano in condizioni che variano di continuo. È il caso dei segmenti e del pistone, la cui velocità oscilla ciclicamente e con elevatissima frequenza tra zero (ai punti morti) un valore massimo che spesso supera i 35 m/s. La situazione può essere particolarmente critica per il primo segmento, che ha a che fare con i gas che durante la combustioneespansione passano tra il primo colletto del pistone e la canna e che oltre ad essere molto caldi (oltre 2000 °C) raggiungono una pressione massima elevatissima (anche più di 90 bar).

La situazione è peggiorata dal fatto che di olio nella parte più alta della canna ne arriva davvero poco.

La quantità, dosata dal raschiaolio e dal secondo segmento, è la minima che consente il funzionamento senza problemi del primo segmento. Per quanto riguarda la camma e i cedenti, le pressioni sono elevatissime perché, come del resto accade per i corpi volventi e le piste di rotolamento dei cuscinetti, la geometria delle parti non è “conforme”.

Teoricamente la zona di contatto dovrebbe ridursi a una linea ma per fortuna avviene una deformazione elastica e in effetti essa assume una forma rettangolare, assai stretta e allungata. Una forza che si scarica su una superficie estremamente ridotta si traduce in una pressione molto elevata. Tra le due superfici può esserci soltanto uno strato di olio estremamente sottile.

La situazione è complicata dal fatto che la velocità relativa delle due parti varia di continuo e la direzione nella quale si muove la zona di contatto cambia (sul cedente si sposta prima in un senso e poi nell’altro). L’accoppiamento camma/cedente è critico e in passato non di rado ha dato luogo a problemi di usura.

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