Officina: alberi a gomiti compositi

Sono stati usati a lungo nelle competizioni, anche su motori policilindrici

Officina: alberi a gomiti compositi

Massimo ClarkeMassimo Clarke

23 giu 2022

Competizione e moto di serie


Soltanto in rari casi gli alberi erano in un sol pezzo e allora venivano adottate bielle con cappello invece che con testa in un pezzo, anche se dovevano lavorare su rullini. Non era la soluzione ideale, ma vista la ridotta durata richiesta andava bene.

La soluzione standard per i quadricilindrici da competizione (come del resto per gli altri motori motociclistici) prevedeva però un albero composito assemblato alla pressa. Se si pensa che i cuscinetti di banco potevano essere addirittura otto (come nel caso della Benelli), ci si può immaginare quanto dovesse essere difficile l’assemblaggio dell’albero. Ottenere un suo perfetto centraggio poi doveva essere addirittura un incubo… Per la produzione di serie la situazione era diversa.

Moto a quattro cilindri per molto tempo non ce ne sono state e il campo delle grosse cilindrate è stato dominato dalle bicilindriche tedesche (BMW, con albero composito) e inglesi.

Queste ultime impiegavano bielle forgiate in lega di alluminio con testa scomponibile; l’albero, che di norma poggiava su due soli supporti di banco (faceva eccezione soltanto la AJS/Matchless), poteva essere in un unico pezzo oppure essere costituito da due parti che si univano centralmente. Niente accoppiamenti con interferenza, però: si usavano flange e viti con dadi. Poi, proprio sul finire degli anni Sessanta, sono entrate in scena la Honda con la CB 750 Four e la BMW con la serie /5 e per i policilindrici la musica è cambiata. In entrambe queste moto l’albero a gomiti era monolitico e lavorava su bronzine.

La Kawasaki e la Suzuki, forti di una straordinaria esperienza duetempistica, per i loro primi quadricilindrici bialbero hanno continuato per qualche anno ad impiegare la tecnologia per loro usale, con alberi compositi lavoranti interamente su cuscinetti a rotolamento.

Abbastanza rapidamente però sono passate alla soluzione con albero in un sol pezzo e bronzine, decisamente più razionale. Le moto da corsa erano tutte a due tempi e quindi l’impiego di cuscinetti volventi e di alberi compositi era d’obbligo. Quando nei GP si è tornati alle moto a quattro tempi, nei primi anni Duemila, nessuno ha pensato di tornare a tale soluzione. Anzi addirittura anche i motori della Moto3 a quanto mi risulta sono dotati di alberi monolitici e non compositi, benché si tratti di monocilindrici.

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