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La creatura di Rainey punta a ridestare il vivaio statunitense. Ma per i big, come Elias e il campione in carica Beaubier, gli Usa sono un punto d’arrivo, e non di partenza
Mirko Colombi
23 gen 2020 (Aggiornato il 25 gen 2020 alle 10:51)
Le Case e i team ufficiali iscritti sono, realmente, due, Yamaha e Suzuki. A Iwata tengono molto al mercato nordamericano, la filiale locale importa e vende modelli che spaziano dal Cross all’Enduro, dai quad alla R1 M. Il Team Monster Energy non ha, anzi, non aveva niente da invidiare a quello Crescent impegnato in Superbike, prima che il disallestimento apportasse cambiamenti e riorganizzazioni.
La Suzuki invece ha cambiato, e si tratta di un fatto storico: addio a Yoshimura, celebre azienda di parti speciali per le GSX-R che rendeva le moto di Toni Elias e Josh Herrin factory al 100%. Ora la struttura che seguirà la Suzuki nel MotoAmerica sarà il Team Hammer, mentre Yoshimura potrebbe addirittura cambiare bandiera.
La Ducati partecipa grazie all’impegno della Kyle Wyman Racing, piccola ma preparata compagine che ha in dotazione le Panigale V4 R, e aiutata più volte dai manager di Bologna, che hanno fornito elettronica Marelli con tanto di ingegnere specializzato.
In attesa del vero ritorno della Honda – non si faranno pregare i vertici HRC, non appena compreso il potenziale della nuova CBR – Kawasaki e BMW sono gestite da squadre indipendenti ma competenti, mentre sarebbe bello rivedere l’Aprilia RSV4, più volte vincente nelle mani di Claudio Corti.
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